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My...Buon San Valentino








...FOR MY LOVE...

See... Today...




Chanel non si smentisce mai. Anche l'ulitmo profumo da uomo, dalla bottiglia, all'essenza stessa è puro, semplice Stile. Un must per la stagione fredda.

xoxo

L'angolo vintage... Brugine


Brugine che si trova in provincia di Padova, ogni prima domenica del mese allestisce il mercatino dell’usato e della’antiquariato, presso la cinquecentesca villa Roberti. Nato più di 400 anni fa il mercatino viene considerato uno dei più particolari e  importanti d’Italia. Da poco tempo è diventato anche un appuntamento imperdibile per tutti i vintage-victim.



Ieri era la prima domenica di febbraio e dunque ho deciso di andare a vedere questo famoso mercatino. (Ringrazio una cara Signora di Vicenza che me ne ha accennato pochi giorni fa.)
Arrivato verso le 2 mi sono presentato all’entrata di questa villa e con 2,5 euro di biglietto sono entrato dentro al cortile. A gli occhi mi si è presentato questo porticato pieno di banchetti. Sulla sinistra del porticato c’era il prato e anche li, dislocati vi erano altri banchi. Questo prato tramite una striscia di terra stile corridoio, si apriva su un altro terreno ancora più grande, ovviamente pieno di espositori . Sull’erba, sui bauli, sui tavoli o appesi, gli espositori vendevano la propria merce. Potevi trovare di tutto dai libri, ai piatti, ai quadri, alla bigiotteria-vintage, ma soprattutto c’erano molti banchi di abbigliamento.  Scarpe, pantaloni, gonne, magliette, felpe, pellicce, cappotti, sciarpe, cravatte, cappelli, occhiali e molto altro. Questi banchi erano molto simili, tutti avevano un mix di tutto. Dalle cose vintage a quelle usate a quelle moderne.


Poco dopo aver iniziato a soffermarmi sugli espositori, sentivo vociferare che molti di essi iniziavano già a chiudere. Erano solo le tre e oltre tutto c’era anche una bellissima giornata calda, di sole. Dunque mi sono deciso di affrettare il passo e cercare di guardare il più possibile un po’ tutto.
Questa fretta mi ha portato a osservare sommariamente i banchi, però lo stimolo di ritornare il mese prossimo è aumentato.
Per marzo ho deciso di ritornare e arrivare la mattina presto, così avrò il tempo per guardarmi con la dovuta scrupolosità banco per banco. Comunque la mia visita a Brugine non è stata vana. Uno perché ho scoperto come funziona questa meraviglia di mercatino, secondo perché durante il mio tour sono riuscito a trovare due chicche a pochissimo prezzo. Una vestaglia (che cercavo) stile Hugh Hefner (creatore di Playboy), e un loden (tipico cappotto di 30 anni fa). Bellissimi!




Vi consiglio vivamente di andare in visita a Brugine in concomitanza di questo evento. Non solo per gli amanti della moda, ma anche per chi è appassionato di oggettistica d’altri tempi. Secondo il mio punto di vista scopri sempre cose nuove, che ti aprono aneddoti interessanti. Poi finita la visita al mercatino potete fare un salto a Chioggia, essendo li vicina.  Io ci sono stato ieri per la prima volta e devo dire che è molto carina, e per molti scorci sembrava d’essere a Venezia. 
 


Chioggia



Note.
Le uniche due pecche del mercatino, secondo me sono state,  la prima, le molte bancarelle che hanno chiuso presto, non capisco il perchè e secondo diversi banchi erano occupati da stranieri che vendevano bigiotteria, che secondo me non era in tema, con quanto dovrebbe proporre un mercatino dell’usato e dell’antiquariato.
Vi lascio qui sotto l’elenco delle aperture 2011 del mercatino.

  Domenica 6 marzo
 Domenica 3 aprile
   Domenica 1 maggio
  Domenica 5 giugno
Domenica 3 luglio
  Domenica 7 agosto
      Domenica 4 settembre
  Domenica 2 ottobre
      Domenica 6 novembre
     Domenica 4 dicembre

 




Il fiore di città... Il petalo




Nella mia città non ho mai visto una fioreria  che per originalità, creatività e stile si distinguesse dalle molte, un po’ tutte uguali e anonime nel proporre l’arte del fiore.
Da pochi mesi è stata aperta una fioreria nuova. L’ho vista casualmente transitando lungo la strada. Lo stile pulito ed essenziale delle composizioni in vetrina, mi ha incuriosito ad entrare e visitare questa piccola oasi del fiore di città: il petalo. Essenziale il nome. Essenziali lo spazio e l’arredamento molto minimal. Questo è quanto mi ha colpito, perché sono del parere che la semplicità è stile. I fiori nel negozio avevano ognuno il proprio posto: né pochi né tanti, la giusta via di mezzo e, cosa importante, fiori molto particolari. Anche l’oggettistica non era banale. Vasi in alluminio, un po’ gusto retrò, casette porta piantina gusto francese, persino carte da imballo floreali profumate. Insomma una fioreria di tendenza. Il desiderio di scoprire chi ci fosse nel condurre un negozio così profumato di passione,  mi ha portato a chiedere alla proprietaria di rilasciarmi un’intervista.

Ringrazio molto la signora Sabrina che, superata la sua forte timidezza, mi ha concesso il piacere di questa intervista e mi ha fatto capire che anche  in  un lavoro come il suo, il prodotto finale che ne esce è un piccolo capolavoro, creato da mani con alle spalle un’esperienza e una passione importanti. Questo è da molti sottovalutato, ma spero abbiano il buon senso di ricredersi.


...aprire il negozio era il sogno della mia vita...


Come è nata l’attività?
Questa attività è nata grazie alla passione. Per me è un hobby curare fiori e piante. La ritengo una bellissima fortuna che sia diventato il mio lavoro. Aprire un mio negozio era il sogno della mia vita. Ho aspettato quindici anni e adesso posso dire che c’è l’ho fatta.

La sua prima esperienza con il fiore: positiva o negativa?
Il primo approccio con un mazzo di fiori è stato un incubo. Non sapevo da che parte “girarlo” e non avrei mai pensato che quella dei fiori sarebbe diventata la mia passione.
La prima esperienza lavorativa è stata presso una giardineria importante dalle nostre parti. Ho lavorato per tre anni. Un’esperienza molto positiva perché ha messo in luce la creatività che io neppure sapevo di avere e dato un’impronta al lavoro di fioraia. Successivamente ho girato varie giradinerie della zona.

Ha studiato per fare questo lavoro?
Dopo essermi sbocciata la passione, mi sono molto documentata. Ho studiato le piante, i nomi, come curarle, di quanta acqua hanno bisogno, quanta luce e molto altro. Per quanto riguarda i fiori con il tempo ho appreso le basi, però anche per loro mi sono molto documentata. È un continuo aggiornarsi e per chi ha passione questa cosa non pesa, anzi stimola sempre di più.

Come si aggiorna nel suo lavoro?
Io leggo molte riviste, anche via internet. Cerco di capire le mode dei colori e dell’arredamento per capire un po’ la tendenza del momento. Così ho una marcia in più per comprare non solo i fiori, ma anche i vasi, i nastri la carta e tutto quello che mi serve per essere competitiva e avere un prodotto di nicchia.

Secondo lei ci vuole più manualità o creatività nel suo lavoro?
Entrambe, vanno a pari passo.

...il fiore segue la moda...

Le piace la moda? Pensa di farne parte?
Si mi piace molto e ritengo di farne parte. Il fiore segue la moda e molti stilisti si ispirano ai fiori per le loro creazioni. Come trovo che il mio mondo sia collegato al designer.

Come nel mondo moda, anche nel tuo settore c’è un riesumare tendenze di anni precedenti?
Sì assolutamente, spesso vengono rivalutati dei fiori che non venivano utilizzati da anni. Anche l’oggettistica che li contiene spesso è una rivisitazione di tendenze del passato.

Che colori vanno in questo periodo?
Arancio, giallo e rosso per la maggiore, poi si usano anche il viola, il bianco e  il verde.

Cosa mi dice sul significato dei fiori e dei loro colori?
Guarda, ogni fiore con il suo colore ha un significato che può variare anche in base a cosa si abbina, dunque una lista molto lunga.

Ci sono in circolazione fiori velenosi?
Con il discorso dell’apertura dei mercati possono arrivare fiori trattati con sostanze maggiorate nei limiti di tollerabilità da noi consentiti.

Esistono i fiori "cinesi"?
Il mercato è aperto a tutti, però il fiore fresco rimane sempre quello. Dove la Cina ha una grande competizione sono i fiori artificiali, e comunque anche lì si vede la qualità. Dunque sì, esistono i fiori cinesi, però quelli artificiali.

...non vendi solo un prodotto...vendi una tua creazione...

Che differenza c’è tra il fiorista e il fioraio?
Il fioraio vende la pianta, vende il fiore classico, quello acquistato dalle signore che lo destinano ai cimiteri, tanto per fare un esempio concreto.
Il fiorista è una persona che ha fatto un’esperienza lavorativa, può avere seguito dei corsi e dunque si è evoluto nel suo campo.

In base ha cosa sceglie il fiore da vendere?
Secondo il mio gusto. Evito il fiore scontato, ad esempio il fiore da cimitero. Tendenzialmente cerco di avere l’ultima novità del fornitore, appunto per avere un’originalità nel prodotto.

In che periodo si ha un maggior via vai di fiori?
In base alla mia esperienza dico primavera, perché tutti fanno il giardino e con le belle giornate la gente ha voglia di fiori, dunque compra di più, e poi di solito le feste Natale, i defunti, San Valentino, la festa della mamma e della donna.

Puoi dire di guadagnare con questo lavoro?
No. Si ha un piccolo guadagno quando si addobbano matrimoni o qualche altra manifestazione.

Ma su cosa si guadagna di più se non sul fiore stesso?
Sull’idea originale perché tu non vendi solo un prodotto, vendi una tua creazione come un pittore può vendere un suo quadro.

...i giovani vogliono il prodotto più particolare...

Che target ha una fioreria?
Parte da una media dei 16 ai 70.

Immagino che le chiedano consigli i clienti?
Soprattutto consigli, quelli non li pagano. Il pubblico è molto vasto e dunque le domande sono svariate.

E cosa chiedono i giovani?
Il fiore per la ragazza o il regalo per la mamma. Sono loro che vogliono il prodotto più particolare di solito.

Ha più clienti italiani o extracomunitari?
Italiani. Noi abbiamo stranieri che non hanno l’usanza del fiore.

Quali sono le sue speranze per il futuro?
Non voglio ingrandirmi o diventare milionaria, vorrei solo riuscire a mantenere questo mio piccolo “petalo”, creato e desiderato tanto da me.

Tempo lettura articolo: 7 minuti (circa)

See... Today...


Queste tre bamboline vengono direttamente da una negozio giapponese di Barcellona. Ognuna ha il suo significato e karma positivo impresso nel legno. Quella a sinistra ti porta laughter (risata-gioia). Al centro tranquil (tranquillità). A destra prosperous (prosperità). Questo preciso modello si chiama Kimmidoll e si possono trovare anche sul sito http://www.kimmidoll.com/. Meravigliose!.

Storia.
Il loro vero nome è Kokeshi. Sono delle bamboline tradizionali giapponesi, originarie della regione Tōhoku (in lingua giapponese significa nord-est).  Sono di legno, hanno un busto cilindrico e una testa sferica. Sono senza gambe e braccia.
La lavorazione di questi piccoli gioielli è facile ma molto lungo, spesso il legno utilizzato deve essere lasciato seccare dai cinque mesi ai cinque anni!.
Con il tempo le Kokeshi hanno preso un significato simbolico positivo per chi le riceve, anche se in origine ancora nel 1600 erano prodotte come semplici souvenir.

Curiosità.
Nel novecento divennero talmente famose, che in Russia furono prese come modello, dall'inventore della prima matrioska.
Il design dei Mii, avatar per la console Nintendo Wii è ispirato alle bambole Kokeshi.

xoxo

See... Today...

A proposito di scarpe, guardate cosa ho trovato a casa di un'amica. Una signora non più giovanissima ma con una vita dietro le spalle, molto interessante. Potrei anche farci un pensierino sul proporle un'intervista. Vi dico solo che lei è un'artigiana che fabbrica scarpe e borse. Intanto gustatevi gli occhi, guardando questo, secondo me, meraviglioso paio di sandali gioiello di Miu Miu.

Ps. Ora sono in mio possesso... :-)

xoxo

C'era una volta... Il Calzolaio

C'era una volta... il calzolaio.

Chissà se dovrò parlare così in un futuro non poi così tanto lontano.
E’ antichissima l’attività del calzolaio. La si trova già ai tempi dei Romani, quando i centurioni portavano i sandali in cuoio che richiedevano l’opera accurata dei calzolai, appunto. Un mestiere che senza ombra di dubbio può rientrare fra “ i lavori d’arte”.  E chi ancora si prodiga in questa artigianalità può ritenersi portatore, ormai molto raro, di una conoscenza millenaria.
A tal proposito ho voluto intervistare uno degli ultimi calzolai rimasti nella mia zona: Magrè di Schio. È il signor Giorgio Crivellaro, figlio d’arte del padre Giovanni Crivellaro.
Il suo laboratorio, quasi centenario,  mi ha affascinato fin da piccolo. Come lo vedevo allora, avevo poco più di sei anni, insieme con la mamma che portava a riparare le scarpe , lo vedo oggi che mi trovo nel piccolo laboratorio per l’intervista.
L’odore di cuoio e colla, i macchinari ancora di un’altra epoca, gli attrezzi del mestiere, i pezzi di ricambio e le centinaia di scarpe allineate sul banco di legno creano un’atmosfera accogliente che insegna pazienza e saggezza e dove si respira l’affascinante sensazione che deriva dalla sapienza di mani e pensiero. Abituato a vedere  luoghi tirati a lucido che spesso danno una sensazione di freddezza, entrare  nel laboratorio del signor Giorgio mi introduce in un’altra realtà piena di storia, speranzosa di poter essere raccontata da qualcuno.
Ringrazio già in anticipo i signori Crivellaro che con le loro parole mi hanno fatto riflettere su un problema reale: la sopravvivenza di queste botteghe artigianali, oggi messa in pericolo dal mondo globale. Se non può toccare molti di noi personalmente, provoca indiscutibilmente una perdita nel tessuto storico-sociale. Spero che nel loro piccolo tutti riescano a fare anche un solo pensiero su questo “tumore” dell’artigianalità.


Da quanti anni fa il calzolaio?
Da 25 anni. Un’eredità raccolta da mio padre, che prima di me seguiva l’attività.

Aveva la passione per questo lavoro?
Diciamo che l’ho affronta come un dovere inizialmente. Poi la passione che era in me ha avuto il sopravvento.

Appena preso in mano l’attività aveva clientela?
Sì, e molto più numerosa di adesso.

Perché secondo lei?
Per molti motivi direi, il principale comunque era la scarpa differente. Una volta erano “vere” scarpe e  dunque valeva anche la pena sistemarle.

Come sono i clienti?
Non ho mai avuto problemi con loro. Ho sempre cercato di instaurare un rapporto di fiducia, e vedo che la cosa ha portato buoni risultati.


...Una volta erano "vere" scarpe...




Chi porta prevalentemente le scarpe nel suo laboratorio?
La maggioranza sono signore di mezza età, qualche signore e pochi giovani.

Sono “operai” o persone benestanti?
Benestanti. Le spiego. Queste persone “ricche”  comprano scarpe  che costano di più e di alta qualità. Dunque conviene loro sistemarle nel mio laboratorio, anziché gettarle. Invece un operario prende scarpe molto più economiche. Nella maggioranza dei casi verrebbe  a costare di più la riparazione che la scarpa nuova.

I clienti gli chiedono consigli su come far durare di più le scarpe?
Si, dei clienti mi fanno svariate domande su come ammorbidire la scarpa, come farsela adattare al piede, come conservare meglio la pelle e, se si tratta di clienti al femminile, su come consumare meno i tacchi a spillo.

E come si fa a consumare meno i tacchi a spillo?
Semplice. Gli dico di posare la pianta del piede e non il tallone. Fa anche il passo più elegante.

Ha mai provato ad indovinare come poteva essere la persona in base al suo paio di scarpe?
Come tutti i lavori a contatto con materiale altrui con il tempo ti crei delle tipologie di clientela. Già solo come ti presentano le scarpe i clienti, se dentro un sacchetto o una borsetta: Da lì capisci un po’ che persona può essere e poi sì, c’è tutto uno studio guardando le scarpe. Sinceramente io alla fine del lavoro o per una cosa o per l’altra mi riesco a fare amico il cliente, dunque lo conosco anche senza una scarpa davanti. Grazie a questo rapporto con la clientela ormai riesco ad indovinare per metà il loro carattere già guardando le scarpe che mi portano. Potrei pensare di scrivere un libro su  questo. O no?


...verrebbe  a costare di più la riparazione che la scarpa nuova...




Quanti calzolai sono rimasti in città?
Fra città e periferia siamo rimasti in cinque. Pochi se si considera che, circa  trent’anni fa, ce n’erano più di 20.

Bisogna studiare per fare questo lavoro?
Studiare fa sempre bene, però, diciamo che questo lavoro non si impara sui libri mai nei laboratori.

A lei piacciono le scarpe? Le sue le sistema da sé? Anche quelle dei suoi familiari?
Si mi piacciono le scarpe. Mi piace lavorarle: Sistemo le mie e quelle dei miei parenti.

Secondo lei questa sua artigianalità c’entra con il mondo moda?
Penso proprio di sì. Io provvedo a  riparazioni di un accessorio-moda, dunque ritengo di poter dire che sono un supporto al mondo della moda. Mio padre, ad esempio, pochi anni fa si poteva ritenere partecipe a pieno diritto al campo “fashion”, come lo chiamate voi giovani. Lui non solo riparava scarpe, cinture e borse ma aveva anche una propria produzione, seppur piccola, di borse e scarpe in pelle. Mi dice sempre con un certo orgoglio: «Io ho “vestito” le migliori signore della Città una volta».

Non ha mai voluto creare qualche cosa di suo?
Guarda, io ho iniziato molti anni più in là di quando ha cominciato mio padre alla sua età. Mi sono sempre prodigato ad imparare tutte le tecniche e i segreti su come sistemare le scarpe, e ancora oggi posso dire che ho sempre qualche cosa da imparare. Le scarpe cambiano anno dopo anno, e io involontariamente devo studiarmele.  Diciamo che non ho tanto tempo libero.

...sono un supporto al mondo della moda...



Dagli inizi della sua carriera ad oggi ha notato un’evoluzione della scarpa? Se sì, in che modo positivo o negativo?
Parlando di materiale e di lavoro sulla scarpa direi che l’evoluzione è in peggio. Non c’è più la materia prima e l’impronta artigiana di questo prodotto. Ci sono delle eccezioni, però la maggior parte delle aziende attua la nuova “moda” dell’usa e getta e quindi l’imperativo consumistico.

Come la vede la sua attività in futuro prossimo?
Non tanto bene. Questo lavoro ti fa vivere se hai scarpe da sistemare. Ma le riparazioni stanno calando. Conto di chiudere con la pensione. Però penso che sia un mestiere-arte destinato a scomparire.

Ha mai avuto un aiuto dallo Stato?
Quando presi in mano l’attività vinsi un concorso regionale, il quale dava dei soldi a nuovi artigiani che aprivano un’attività singolare.

Che consigli si sente di dare per chi vuole intraprendere la sua stessa attività?
Come in tutte le cose se uno ha la passione è inutile bloccarlo, anche se questa mia è un’attività in via di estinzione. Potrei dare molti consigli; in primis a chi mi chiede partirei dicendogli:  «È un lavoro che non muori mai di fame, però non riesci mai a fare un pasto completo!».

Come vuole concludere questa intervista?
Ringraziando i ragazzi come voi che, anche se non portano manualmente avanti quest’arte,  ne parlano e ci dimostrano la loro considerazione. Pertanto resta la speranza che, scomparso questo lavoro,  qualche cosa rimanga scritto e nessuno è tanto indovino da prevedere con esattezza il futuro né vicino né lontano. Chissà… può accadere che si debba tornare sui propri passi e tornare a riparasi le scarpe dal buon artigiano.


...è un lavoro che non muori mai di fame,però non riesci mai a fare un pasto completo...


Tempo lettura articolo: 8 minuti (circa)

Premessa...

"Il mio Diario delle interviste"
...Grazie Eli per il regalo...



Uno dei miei progetti per questo blog è quello di intrattenervi ogni tanto con un’intervista.
Mi piace imparare cose nuove e mi piace scrivere. Quando ho la possibilità e mi imbatto in qualche realtà a me, più o meno sconosciuta, cerco di cogliere più informazioni possibili di essa. In ogni situazione se uno pensa bene, trova sempre qualche cosa che non sa.
Per le interviste che vi proporrò cercherò di tenere un filo conduttore. Il filo è il “mondo moda”, intenso come significato molto ampio.
Per me la parola moda contiene un’infinità di sfumature.
E’ moda lo stilista, il designer, lo scrittore, il calzolaio, il sarto, il fiorista, il commesso, il fotografo ecc…  E’ moda tutto quello dove la persona, ci mette la creatività, in base alla passione, al proprio gusto, alla tendenza, alla precisa richiesta o alla classica procedura.  
Le persone che intervisterò, con le loro attività potrebbero essere più o meno conosciute, ma la mia speranza è quella di farvi riflettere e farvi cogliere anche una minima virgola che non sapevate su di essa.

xoxo

L'Uomo Vogue Gennaio 2011



L'Uomo I...






L'Uomo II

Vogue Gennaio 2011



Servizio Fotografico I...






NEW...






  Nuovo anno…
 Nuovo blog…
Nuove idee…
 Nuova testa…
Nuova vita….

…un ringraziamento anticipato a chi c’è, e a chi ci sarà…

...Point De Vue...